mercoledì 28 gennaio 2015

Non sono in PVC

Eh niente.
Dovevo iniziare così perché inizio ogni santa frase con "Eh niente".
Alla veneranda età di 23 anni apro un blog e mi metto a parlare di qualcosa.
Avrei voluto aprire un fashion blog ma il concetto contemporaneo che abbiamo di questa "professione" non me lo permette di fare. Chiamiamolo pure: "Un blog".
Penso che ormai ne avete anche un po' le palle piene di vedere l'ennesima aspiring blogger: shatush e boccolo, collezione di Tiffany che neanche al Louvre così tante opere, gilet in ecopelliccia "perché Melissa Satta è il mio Dio", ogni mattina 36 euro di macaron per fare colazione, un fidanzato ridotto ai limiti dei diritti umani per fotografarla nel maggior numero di angolature, pose e outfit della sua vita.
(La foto che ha commosso il web)
Sono una ragazza normale, comune.
Mi ritaglio questo spazio nel mondo per poter parlare a ruota libera del mio amore viscerale per cose inanimate tipo i vestiti. Appunto, penso di essermi innamorata di loro quando ero piuttosto giovane, quando ero in prima/ seconda media e vivevo il picco di massima bruttura del genere umano, proprio quando hai i baffi ma non puoi cerettarli perché sei ancora una bambina, un po' come Lourdes Ciccone qualche anno fa. Ricordo che avevo anche una bella pancetta che il comodino dei regali dell' Happy Meal può confermare. Esattamente in quel periodo, era di moda indossare pantaloni della tuta con un particolare gioco di elastico, del brand "Dimensione Danza". Schiere di finti ballerini acneici si aggiravano per la scuola con quella tuta antiestetica che tra l'altro costava qualcosa come 50 euro. Da vera figlia rompiscatole, anche la giovane Federica versò tante lacrime amare pur di poter possedere quell'oggetto del desiderio, ai tempi piuttosto costoso per essere un banale pantalone della tuta. Ricordo ancora il giorno in cui andammo in negozio: ce l'avevo fatta, avevo convinto mia madre a compiere questo gesto magnanimo nei confronti di una figlia psicologicamente labile e facilmente condizionabile.
Poi il bivio: da un lato c'era la nuova collezione, quel pantalone "Dimensione Danza" in nero che ho sempre desiderato, dall'altro la vecchia collezione con i colori più improponibili al 50% di sconto.
Ricordo ancora la fierezza con cui sfoggiavo quel pantalone rosa maialino di cui tutti chiedevano la provenienza e quei millemila modi che inventavo per poterlo indossare il maggior numero di volte senza sembrare vestita sempre uguale.
Questo aneddoto per dire che si, mi piace la moda. Credo che a 9 ragazze su 10 piaccia, non penso di aver detto nulla di nuovo. Quello che però mi piace di più è il sapersi reinventare, il giocare con 4 capi presi in saldo e avere comunque un risultato gradevole. E' prendere un denim vecchio, strapparlo e dare due punti e una scopa alla nuova collezione di Pull&Bear. E' ammirare il catwalk di Karl Lagerfeld, comprare un capo simile in versione cheap e sentirmi comunque una figa. E' inventarmi un bracciale, creare quel bracciale, indossare quel bracciale.
E' creatività e non compulsività nelle compere.
Perché a rotolarci da Zara con il bancomat carico siam bravi tutti.
Federica.